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e' il 27/05/07.. h.13.33
mi sento The current 

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indosso... il pigiama
ascolto...
i Dinosaur Jr.
chattando con... nessuno e smanettando con emule vogliosa di nuova musica
pensando che neanche stanotte ho dormito abbastanza...

 

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mercoledì, maggio 21, 2008

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sklero di delle 2:17:00 AM 

Dopo ore di parole e rumore, scende il silenzio su questa casa. Esco con la scusa dello scooter da recuperare. Mi siedo su un muretto. Davanti a me un furgoncino verde brillante, e la luce del supermercato chiuso puntata dritta negli occhi. Neanche qui si vedono le stelle. E' un'isola con il cielo da città. Mi mancano la Nally e le sue attenzioni, le sue battute taglienti e la sua capacità di non annoiare mai. Zolpho con il suo sorriso rassicurante e le sue facce buffe, la sua capacità di trasformare tutto in un gioco. Michele e quel suo accento piacentino, gli occhi brillanti quando fa qualcosa che gli piace, la sua splendida abilità di farsi scivolare tutto addosso. Simonetta e la sua energia, la sua ironia, le sue manie strane e divertenti. Giulia, il suo romanaccio e le ciglia nerissime, quel suo fascino anni '60. Mi manca chi ha il coraggio di essere sempre se stesso e sempre diverso dai più. Chi ha il coraggio di non adagiarsi nei giorni tutti uguali. Chi la vita la vive come un gioco anche quando è pesante, lontano da tutte quelle stronzate di cui ci riempiono la testa. Chi sa come non prendersi troppo sul serio, per vivere davvero, e non si accontenta di sopravvivere come i più. Chi sa creare mondi nuovi, dare senso ai giorni e farti sentire bene.
Tornerò bimbi, ve lo prometto. E lo prometto anche a me stessa.

sklero di delle 1:21:00 AM 

lunedì, maggio 19, 2008

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sklero di delle 10:48:00 PM 

Sono nell'isola. Ancora per qualche giorno. Dovevo fare mille cose. Studiare, prendere il sole, scattare un sacco di foto, stare con la mamma. E invece non riesco che a trascorrere le mie ore di veglia davanti al pc. Facendo di tutto per sentirmi viva. Parlare con i miei amici. Ascoltare musica. Cercare annunci di lavoro che salvo. Ripropormi a vuoto di aggiornare il mio cv italiano. Smanettare con le foto. Aggiornare il mio myspace, aggiungere più contatti possibili. Quasi fosse una sfida.
Lontano da qui riesco a vivere una vita normale. Anzi, più che degna. Sole in terrazza e risate, incursioni in bici dal verduraio delle meraviglie che se spendi 4 euro ha un regalino per te o nei negozietti cinesi, pomeriggi di sole infinito, chiacchiere, abbracci, cene improvvisate ma sempre degne, film gratuiti al vives o sul divano di casa mia o dalla Nally. Fuori da qui sono una 26enne media, e molto felice. Ogni piccolo gesto si trasforma in un'avventura. Diventa qualcosa di scintillante e prezioso, come quando si è piccoli. Nonostante l'angoscia dell'università da finire, e il lavoro che non si trova, e i coinquilini (ormai ex, grazie al cielo) zulu'. E neanche zulu' buoni, come quelli della Nally, ma zulu' brutti e cattivi. Non so se più brutti o più cattivi. Diciamo che è una bella sfida.
Qui mi sento bloccata, incastrata. Cerco solo di non pensare. O pensare il più possibile cercando di ignorare il fatto che il mio corpo sia momentaneamente in un posto che non mi piace per niente. E che amo vedere solo sulle cartoline, o nei miei ricordi, o quando osservo il corso deserto durante la notte. Socchiudo la porta di casa piano piano, cercando di non disturbare il sonno leggerissimo di mia madre ne' di Biagio, che è sempre felice di correre fuori indipendemente dall'ora. Osservo il corso deserto e mi piace un sacco. Ripulito dalla gente. Dagli sguardi invadenti. Dai preconcetti. Dai rumori.
Amo il silenzio. Amo starmene per conto mio tutta concentrata su qualcosa. Molte volte mi sono chiesta come sarebbe stato nascere senza l'udito. E' una cosa terribile da pensare, lo so. Mi piacerebbe che le mie orecchie avessero un interruttore. Da tenere su OFF 2/3 della giornata. Mi piace la musica, mi piace ascoltare attentamente le parole. Canticchiare mentre faccio le mie cose. Mentre sono sotto la doccia o mi vesto, mentre cucino, mentre scorrazzo in scooter o in bici, mentre semplicemente me ne sto sdraiata sul letto a pensare a tutto e niente. La musica è magica. Ma sono i vicini a metterla su non lo tollero. Alzo il volume o metto le cuffie.
Mi piace avere il controllo assoluto della situazione. Solo chi amo davvero è libero di improvvisare. Di parlare ed essere ascoltato, di mettere su la musica che gli pare, di ridere a squarciagola. Non sopporto i bambini che piangono. E i genitori che si indispettiscono se sbuffi. I bimbi son fantastici quando ci si mettono. Ma non tollero un pianto che duri più di un minuto. Quando avrò voglia di sentirne più a lungo metterò al mondo dei pargoli tutti miei.
Mi piace rosolare al sole. Mi fa sentire viva. Mi fa sentire bene. Mi piace vedere le mie mani ogni giorno più abbronzate, e le spalle piene di piccoli nei contrastare con le canotte bianche. Mi piace osservare come le mie occhiaie genetiche si mimetizzano nell'abbronzatura. Mi piace fissarmi dritta negli occhi allo specchio. Notare come brillano quando sono felice, o che strana luce triste assumono quando mi sento persa. Li fisso per almeno 10 minuti ogni volta. Come se cercassi di scrutare al di là di quelle pupille, come se lì dentro si nascondesse un tesoro. Mi piace leggere un buon libro al sole, circondata dalle piante, con i gatti che mi gironzolano intorno sculettando pigri.
Mi piace prendermi il mio tempo. E poi fare tutto di fretta perché se no rischio di fare tardi. Soprattutto se ad aspettarmi c'è qualcuno che amo.
Adoro osservare tutto. Scattare mille fotografie mentali. Anche scattare fotografie vere. Ma forse son troppo pigra per fotografare sul serio tutto ciò che vorrei non dimenticare.
La settimana scorsa ero al porto seduta su una panchina, circondata dalle valigie, in attesa che mamma tornasse a prendermi in auto. Osservavo un pescatore baciato dal sole. Davanti a se' il suo banchetto con le ruote, mentre cercava di vendere del pesce a un signore. Un signore con la pancia enorme, e una brioche col cappuccio appoggiata sul fianco. Seduto sulla panchina proprio davanti a me. O forse era una sedia, non ricordo. Capelli bianchi, 60-70 anni forse. Non è facile intuire l'età di quelle persone che stanno sempre all'aria aperta. Sembrano sempre più vecchie o più giovani. Papà era sempre abbronzato e tutti gli davano 10 anni in meno di quelli che aveva. Poi un giorno sono tornata a casa e non c'era più. Era in ospedale. E quei 10 anni in più che portava così bene gli sono piombati addosso tutti in una volta, nel giro di pochi mesi. Mi manca il rumore della sua vespa bianca. Ora è in un angolo del giardino coperta di erbacce e ragnatele. A volte penso che vorrei rimetterla a posto. Ma non ho soldi. E forse neanche la forza di sapere davvero che quel rumore non tornerà a farlo mai più. Insomma, c'era questo signore enorme con la brioche sul fianco. Non avevo mai visto un signore che mangia una brioche appoggiandola sul fianco durante le pause. E' una cosa poco igienica però affascinante. Mi sarebbe piaciuto fotografarlo. Mentre mangiava la sua brioche e contrattava con il pescatore-poeta, e cercava di vendere un rudere a Filicudi a un "forestiero", come li chiamano qui. Io i forestieri semplicemente non li chiamo. Perché ormai lo sono anch'io, in qualunque posto vada.
Mi piace chiudermi in me stessa quando qualcosa non va. Perché sono brava a lamentarmi, ma non dei problemi veri. Quelli cerco di far finta che non esistano. Anche se poi tornano sempre.
Mi piace pensare che un giorno farò qualcosa di importante. O forse sarò semplicemente felice, e libera. Ancora una volta. Ed essere felici non è un'impresa da poco.
Mi consumo gli occhi vedendo la gente trascinarsi stanca da un giorno all'altro, persone mediocri fare la stessa vita per anni e anni. I miei vicini, per esempio. Lei, a quasi 40 anni, è sempre lì tutta imbellettata e acida. Con la stessa musica truzza a palla. Chissà se qualcuno la sposerà mai, risparmiando a lei una vita vuota e a noi l'atroce ascolto della sua musicaccia. Ogni santo giorno isolano da quand'ero piccola.
Esiste gente che cambia, che va via, che torna diversa. Esiste gente che cambia pur rimanendo sempre nello stesso posto. E gente che viaggia ma non riesce a cambiare. E gente che vedrà lo stesso pezzettino di mondo per tutta la vita. Compiendo gli stessi gesti migliaia di volte. Giorno dopo giorno dopo giorno dopo giorno.
Io non so se son cambiata o no. Spesso i luoghi mi imprigionano. Vi faccio ritorno e mi ritrovo ad essere la persona che sono sempre stata lì. Mi fa paura.
A Valencia sono una persona migliore. Una persona di quelle che se incontrassi a una festa, o per strada, mi piacerebbe tanto conoscere. Sono sempre casinista e inquieta e fumo come una ciminiera, e non è che non mi lamenti mai, però mi piaccio. Nonostante tutto. Mi guardo con gli occhi delle persone che amo e mi amo. E amo le persone che incontro. Mi piace la gente. Mi piace fare cose strane sapendo che nessuno se ne cura. Mi piacciono persino quei tamarri dei valenciani. Mi piace condividere i miei spazi con chi amo, non me ne importa niente dell'ordine. E quando rimetto tutto a posto, lo faccio con un sorriso.
Torno a Bologna, e mi annoio un po'. Vago per i negozi, faccio una spesa striminzita per via dei prezzi, vado in biblioteca, provo a studiare. Invidio i miei colleghi che stanno per laurearsi. Detesto le coppiette. Sto bene con Noemi, e Gian Luca. E pochissime altre persone. Mi godo la mia casa, divento quasi maniacale. Non si entra con le scarpe. Si pulisce sempre tutto. Si poggiano i vestiti sulla poltrona. Eccetera eccetera. Però non so bene come gestire tutto il resto. Come aprirmi alla gente. Eppure in fondo non dev'essere così difficile, se in altri posti ci riesco. Mi fa strano condividere i miei spazi, quando lo faccio sono pervasa da una strana ansia che altrove non mi appartiene. Fumo poco. Mangio troppo o troppo poco. Mi intristisco un po'.
Torno nell'isola e non riesco a uscire di casa. Ne' a parlare troppo con la gente. Neanche con mia madre e mia sorella. E con mia sorella è normale, ma con la mamma mi sento in colpa. Vorrei dirle mille cose, ma a volte sembra non ascoltarmi. E altre volte sembra che sia lì solo per me. Mi da fastidio un po' tutto. Non mi piace uscire per strada quando c'è troppa gente. E' come se non mi piacesse proprio nessuna delle persone che incontro. Il mio cuore si indurisce e diventa pesantissimo. Come una pietra piccola piccola da una tonnellata. Da quando papà se n'è andato questa casa sembra molto più buia. Eppure non riesco a cambiare molto in camera mia. In fondo è lì, in quella stanzetta piccola e umida, che lui mi rimboccava le coperte.
A volte mi chiedo a cosa serva stare così. Pensare a tutte queste cose, sentire tutto in maniera diversa da molti e non poterne parlare con nessuno. Tutto ti scoppia dentro e non sai bene come gestirlo. Da piccola ero convinta che sarei diventata una grande artista. Quando gli artisti soffrono mettono un po' del loro dolore nelle opere, cercando di rendere più leggero il fardello lungo il cammino. Sento come un palloncino che preme forte dentro il petto, e a volte sembra dover esplodere da un momento all'altro. Tirarlo fuori è difficile. E' come un'operazione a cuore aperto. Ci vogliono mestiere, e gli strumenti giusti. Mi piace pensare che un giorno avrò l'uno e gli altri. Nel frattempo viaggio con la testa fuori dal finestrino per annusare l'aria e godermi il panorama. Sperando di non ritrovarmi con un calabrone spiattellato in mezzo agli occhi.

sklero di delle 2:55:00 AM 

domenica, maggio 18, 2008


Forse ho capito voglio fare da grande: la cool hunter. E forse anche la fotografa e la scenografa e la giramondo e l'assistente curatrice di mostre coloratissime.
Mi chiedo per quale motivo io stia finendo la specialistica in cinema, televisione e produzione multimediale.
Ma questo è un dettaglio.
Trascorro le mie notti insonni su internet sperando di trovare, prima o poi, un lavoro decente. Non so bene dove. Cerco un po' a Valencia, un po' a Bologna, un po' in giro per il mondo.
Se qualcuno ha una "bazza" per me, che faccia un fischio prima che io muoia di fame. Grazie. :)

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sklero di delle 4:10:00 AM 

venerdì, maggio 16, 2008


sklero di delle 3:22:00 AM 

"Senti Luca... mi vuoi almeno un pò di bene?"
"Certo, perche'?"
"Sono un casino SOLA..."

CALDE LACRIME CADDERO SUL TELEFONO

Cielo scuro. Cioe' azzurrissimo, ma grigio angosciante filtrato attraverso il velo della rabbia. Una scura esplosione sorda, silenziosa che si allargava fulminea a tratti esitante nelle crepe profonde della personalita' di Valeria, come uno sparo su un vetro che si frantuma a poco a poco senza un vero e proprio schianto.
Era successo un'altra volta. Un'altro sbaglio un passo falso che ne portava altri mille a cui non sapeva porre rimedio e anche riuscendoci mille cose rovinate mille attimi sprecati mille rimorsi mille risentimenti mille incomprensioni mille lacrime rabbiose di angoscia cupa che costringe a stringere i denti e abbassare lo sguardo prima di alzarsi con una nuova ferita al cuore per continuare una lotta che non sarebbe mai finita. Ne' vincitori ne' vinti, solo un innumerevole numero di vittime, piccoli attimi di vita buttati via al vento degli inganni e degli sbagli.

FISSO' I SUOI OCCHI SCURI NELLO SPECCHIO COLMO DI CREPE CON UNO SGUARDO ACCESO DALLA LUCE DELLA SFIDA E DELL'IRA E IMMAGINO' DI PARLARE CON QUALCUNO CHE LA CAPISSE. IMPOSSIBILE. SOLO UN SOGNO. LA LUCE CHE FINO AD ALLORA ERA STATA CERTEZZA VACILLO' PER LIQUEFARSI E SCENDERE ANCORA UNA VOLTA LUNGO IL DELICATO TRATTO DELLE SUE GUANCE... ANCORA LACRIME...

SENTI' LA VOCE DI UN AMICO INESISTENTE DIRLE CON UNA VOCE CALMA MA DECISA, MOLTO PERSUASIVA: "TU NON HAI BISOGNO DI DIMOSTRARE NIENTE A NESSUNO, NEANCHE A TE STESSA PERCHE' SI E' FORTI SOLO QUANDO SI RIESCE AD ESSERE SE' STESSI E SEGUIRE SOLO CIO' CHE LA NOSTRA ANIMA CI GRIDA".
"CERTO" CONTINUO' "E QUANDO AVRO' IMPARATO AD ASCOLTARLA POTRA' SMETTERE DI GRIDARE E DI AFFANNARSI PERCHE' SAPRO' SEMPRE COSA FARE. AL DIAVOLO! CHE CAZZATA COLOSSALE!!! MA CHI E' A RIEMPIRMI LA TESTA DI QUESTE STUPIDAGGINI?! MAH FORSE FA PARTE DEI MIEI SBAGLI FORSE NIENTE E' PIU' RECUPERABILE MA PERCHE'? PERCHE' NASCERE CON LA FORTUNA DI AVERE UN'ESISTENZA PRESUMIBILMENTE PRIVA DI PROBLEMI E SCOPRIRE COL TEMPO DI AVERLO DENTRO UN PROBLEMA, DI ESSERE IO IL PROBLEMA.


CHE MERDA SONO ANDATA PURE FUORI TEMA E NON MI SONO NEANCHE SFOGATA HO SOLO SCRITTO UN MUCCHIO DI STRONZATE


SUA SORELLA ERA MORTA. E CON LEI ERA ANDATA VIA ANCHE UNA PARTE DI VALERIA, UNA PARTE CHE NON SAREBBE PIU' RINATA. ERA DI NUOVO FIGLIA UNICA, SENZA PRIVILEGI. SOLO UN PROFONDO RISENTIMENTO DA PARTE DEI GENITORI.

GRANDE GALASSIA OSCURA. MIRIADE DI PICCOLI PUNTINI LUMINOSI INFUOCATI E PIANETI ORBITANTI. UNIVERSO. VI NAVIGO IRREQUIETA MA CALMA DENTRO, SENTO LA PACE SOPRAFFARMI FINCHE' NON CHIUDO GLI OCCHI E AVVERTO SOLO DI ESSERCI NE PIU' NE MENO. IO ESISTO. OLTRE QUESTO NEANCHE LO SCORRERE DEL TEMPO IMPORTA PIU'. MA POI UN VORTICE INGOIA LA MIA ESILE FIGURA E NON ESISTO PIU' AFFOGATA NELL'IMMENSO.

NON ESISTO. NULLA. NIENTE. IL VUOTO...

E poi... di nuovo il telefono. Alzo la cornetta dopo pochi squilli e dall'altro lato avverto subito la rassicurante presenza di Luca, il mio punto di riferimento. Ne ho bisogno per esistere, ma poi la scritta "HO BISOGNO SOLO DI ME STESSA" appare lampeggiante dentro me come un'insulsa insegna al neon e riattacco. Basta Luca. Basta amici. Basta tutto. Alzo la mano verso la tempia e compio un piccolo gesto.

San Pietro mi saluta, indica una rampa di scale ripide e piene di ragnatele e dice: "Scendi finche' trovi il fuoco... e attenta... non e' cambiato nulla... attenta a non cadere..................................................................................................

Non sono stupita. Impassibile inizio a scendere i gradini. Non mi importa niente di cadere. Ma non inciampo. E' gia' successo troppe volte. Ormai conosco bene la strada. Guardo giu'. Un pozzo scuro circondato da un cerchio di fiamme. E dal fondo mia sorella mi sorride...

Non c'e' coraggio ad andare via e affrontare il mondo, perche' il coraggio sta nell'avere la volonta' di cambiare cio' che si ama. E HO SBAGLIATO LO SO.


IL TEMPO E' SCADUTO




Abbandonata il 7 maggio la mia stanzetta valenciana in modo definitivo (grazie Signore grazie), e la Spagna in modo quasi definitivo, dopo un breve (e traumatico) soggiorno in quel di Bergamo, mi ritrovo nella mia vecchia stanzetta in Sicilia. Tra pareti umide e soffitti decorati da sempre (mi son sempre interrogata sull'età di quegli affreschi proletari), apro scatole e cassetti, ne esamino il contenuto. Decido cosa posso abbandonare e cosa no. Cosa non ricordo più e cosa mi fa piacere pensare di ritrovare, ancora una volta, tra qualche tempo, tra qualche anno.
Sono tutta impolverata. Passa un'amica di mia madre a pagare la polizza della sua auto. Mi osserva con il suo sguardo miope e mi ricopre di complimenti, mi definisce persino "deliziosa". La sottoscritta, capelli arruffati, ballerine spagnole rosse a pois, polo rosa a righine e tuta nera arrotolata fino ai polpacci (il tutto ricoperto da un bello strato di polvere), ringrazia incredula e vogliosa di tornare alla sua caccia al tesoro.
Più tardi si unisce mia sorella. La stanza inizia a riempirsi di scatole e sacchetti:
- scatola delle letterine e dei bigliettini
- scatola delle cose destinate ad essere vendute su eBay. Spiccano Atmosfear, un'orrenda cornice dorata che potrebbe piacere solo a Giada, e la mia collezione di libri di Patricia Cornwell, Dean Koontz e Stephen King.
IT si salva solo perché è il libro più lungo che abbia mai letto, durante un inverno da 14/15enne, appallottolata sul letto con la cassettina di Dookie dei Green Day in sottofondo a ripetizione. Forse erano delle vacanze di Natale, ma non sono sicura. So solo che ogni volta che mi ricapita di ascoltare quelle vecchie canzoni dei Green Day, la cittadina del Maine e il clown malefico riemergono alla luce.
Do' un'occhiata al libro di Jack lo Squartatore. Dico "Mi dispiace vendere questo libro. Ci tenevo taaaanto....". Ma basta una sbirciatina a una delle foto per farlo rotolare nello scatolone dei libri di cui sbarazzarsi.
- busta dei peluche da ficcare in lavatrice. Riusciamo a riempirne persino 2.
- scatola delle vecchie fotocamere. E dopo la penosa visione, durante le vacanze di Natale, di uno scatolone pieno zeppo di vecchie fotocamere ammuffite (volevo uccidermi, giuro), riempiamo la scatola delle superstiti di sacchetti di silicagel. Tie'.
- busta delle cose vecchie da buttare ma da fotografare prima di farlo. Per poi fasi del male riguardando le foto. In questo periodo, ma forse già da un po', la mia mente brulica di idee. Il mio innato senso tragico del tempo che scorre via inesorabilmente mi spinge con insistenza verso un'estetica dell'objet-trouvè e della biografia degli oggetti, degli angeli urbani e dei ricordi che scivolano via troppo in fretta, da attuare non appena avrò un numero decente di rullini. Non sono mai stata così povera: il mio patrimonio attuale ammonta a 2 miseri rullini in bianco e nero. E come se non bastasse, sono al momento confinata in un'isola in cui comprarne uno è pressoché impossibile.
- scatola della cancelleria
- scatola delle vecchie cartoline
E così via.
Riusciamo miracolosamente a gettare via 2 buste enormi di "schifume", tra una partita con i guantoni uncinati e la pallina pelosa, che Marta (piccolo individuo di 11 mesi e mezzo, dai piedi palliformi e incapace di piangere per più di 30 secondi, neanche se le hai appena cavato un occhio. Lo so perché oggi è successo. Non sono cattiva. E' stata lei a scontrare il mio dito con il suo occhietto a mandorla) muore dalla voglia di mangiucchiare. Tra due risate di fronte a schifezze dimenticate e una cena completa di uovo alla coque (non lo mangiavo da almeno 5-6 anni. E non scherzo) e cannoli siciliani con pistacchi sbriciolati.
Alla fine l'allegra famigliola va via, mia madre si installa in cucina, sbattacchiando piatti e bicchieri per una buona mezz'ora, come sempre dopo i pasti. Cerco di finire il lavoro da sola.
Biagio (il cane di mia madre. 8 anni e pelo fulvo, quasi sempre triste senza una ragione evidente) si affaccia sulla porta con uno sguardo di sincero sconforto. Guarda verso il suo tappetino preferito e attraversa la stanza facendo lo slalom sul caos, riuscendo a raggiungerlo. Si guarda intorno per un attimo. E' circondato e sa che non riuscirà a sdraiarcisi. Sbuffa e va via. Ora dorme beato in corridoio.
Ritrovo un foglio stampato con la vecchia stampante ad aghi di papà. E' uno dei miei aborti di racconto. Quanti anni saranno passati? Direi 11. Mi ripropongo di trascriverlo sul blog. Me ne vergogno un po'. Ma voglio che qualcosa di quella ragazzina problematica sopravviva al tempo, ai tarli della carta, a mia madre che riuscirebbe a far sparire persino il mago Silvan, a una possibile inondazione o eruzione vulcanica distruttiva.
Recupero la bambola che si abbronza(va), la spoglio e la lavo per bene. Ha delle chiazze scure sul corpo. Il tempo non ha risparmiato neanche lei. Le pettino e asciugo i capelli, glieli raccolgo in una coda. Mi perdo in lunghi dettagli, cercando di non pensare al fatto che dovrò dormire in una stanza attraversata da un uragano.
E' una scena già vista. Non troppo tempo fa. A Valencia. E sono stanca. Tanto tanto stanca.
E non ci sono ne' Palli Livorno a farmi da orsacchiotto, ne' Nally a strapparmi un sorriso e sopportare con pazienza le mie invasioni, ne' Zolpho a sopportare le mie crisi isteriche e stendermi i panni a casa sua (quelle rospe delle mie ex-coinquiline, che cazzo avranno avuto mai da lavare ogni giorno???), ne' Marco a trasformare un trasloco tragico in una scampagnata, o Giulia che crede sul serio che io sia una persona altruista e generosa.

E grazie al cielo neanche Claire con gli occhi sgranati che ripete "Como puedes tener tantas cosas???".

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